Un cibo semplice e molto gustoso, che si presta a ripieni diversi e a essere trasportato o consumato per strada. Sebbene sia tipico dell'India, si è diffuso facilmente in molteplici comunità asiatiche. L'involucro può prendere varie forme (anche se il tema triangolare domina), il ripieno è solitamente vegetariano
Appena l’occhio si posa su queste piccole tasche triangolari, si pensa all’India. Eppure, sebbene sia considerato un piatto indiano, la terra dei Marajà non può rivendicare in esclusiva queste delizie fritte (come anche Spagna e Portogallo non possono fare con le ‘cugine’ del samosa, le empanadas, apparse per la prima volta nella Penisola Iberica medievale durante l'epoca delle invasioni moresche). Ciò che oggi conosciamo come samosa è stato introdotto in India da mercanti dell'Asia Centrale nel XIII o XIV secolo. E, come vedremo, ha conquistato l’intera penisola, dal nord alle isole.
I samosa in India sono così popolari che possono essere considerati un piatto principale, un antipasto o uno spuntino; possono essere vegetariani o meno, dipende dal ripieno. Il segreto per creare la tipica forma a piramide è piegare le strisce di pasta più volte fino a ottenere dei triangoli, aprire un lato formando una piccola tasca e solo allora aggiungere il ripieno. L’intera pasta viene poi fritta in olio vegetale o nel ghee (burro chiarificato) fino a ottenere un colore dorato intenso e una gradevole croccantezza.
Il samosa viene servito caldo, spesso con un chutney, un tipico accompagnamento indiano agrodolce, talvolta anche piccante, che può essere declinato in molte versioni e che la cucina occidentale ha scoperto si presta perfettamente ad accompagnare carni arrosto e bollite e formaggi erborinati e semistagionati.
Da provare il chutney alle mele e quello di zucca e cipolle allo zenzero. Con i samosa, in India ne servono spesso uno fresco come quelli alla menta o al coriandolo, o chutney al tamarindo. Spesso sono accompagnati da salsa di yogurt o anche ketchup di pomodoro. Il samosa può anche essere preparato in versione dolce.
La prima menzione ufficiale del samosa si trova in un manoscritto persiano (datato 750 circa) dove si spiega come cucinarli. Appaiono diverse ricette anche nel libro di cucina indiano medievale Nimatnama-i-Nasiruddin-Shahi. Originali o no, i samosa hanno invaso completamente la cucina indiana, e le loro varianti hanno conquistato quelle circostanti.
La parola samōsa o sambūse può essere fatta risalire all’antico vocabolo persiano sanbosag, traducibile con “pasta o dolce con tre lati, triangolare”. Molti altri Paesi chiamano la loro versione della samosa con una variante di questo etimo: c'è il sanbusak o sanbusaj a forma di mezzaluna nei Paesi Arabi, il sambosa in Afghanistan, il samsa nelle nazioni di lingua turca e il sambusa in parte dell'Iran.
In India ci sono tante varianti di samosa quanti sono i negozi e le bancarelle che li vendono: grandi o piccoli, dolci o salati, sfoggiano una varietà di ripieni e accompagnamenti come chutney di papaya o mango, chholey piccante (un contorno di ceci), cagliata dolce.
Nei vicoli della Vecchia Delhi, i samosa più comuni sono grandi e croccanti, con un ripieno di patate bollite, piselli e cumino (qui la ricetta). Altri hanno melograno fresco, paneer, coriandolo, cipolla e persino uvetta. Poi ci sono i samosa piccanti, vegetariani oppure ripieni di curry di carne macinata cotta con cipolle, pomodori, spezie ed erbe aromatiche; meno comunemente, incontrerete i samosa di pesce, più tipici nelle Maldive. In Pakistan i samosa sono particolarmente grandi, ripieni di carne macinata (agnello, manzo o pollo), e sono considerati uno snack molto popolare.
Molte zone dell’India hanno la loro versione di questa tasca triangolare: il Bengala chiama i suoi samosa shingara (foto sopra); a differenza di quelli che trovate nell'India settentrionale, questi sono fatti di pasta sfoglia leggera e sono spesso vegetariani: la versione salata ha un ripieno di patate, cavolfiore e arachidi (phulkopir shingara, foto sotto), mentre la versione dolce (mishti shingara) è farcita con khoya – un derivato del latte vaccino o di bufala, molto diffuso in Asia – e immersa in sciroppo di zucchero. Il passato coloniale di Goa è riflesso nella chamuça, che ha un ripieno di manzo o maiale, lo stesso che si trova nei rissól del Portogallo.
Lo stato di Ahmedabad, a Settentrione, è noto per i suoi samosa in miniatura, ripieni di carne macinata piccante. La versione di samosa di Hyderabad, regione al centro della penisola indiana, è nota come lukhmi: ha forma quadrata e un ripieno di carne macinata. Nel Bihar, al confine con il Nepal, si servono samosa piccanti con una pasta spessa e un ripieno di patate, zenzero e tanto peperoncino.
A Nord troviamo i potli samosa (letteralmente “money bag”, sacchi di soldi): sono croccanti, ripieni piselli verdi e patate speziate, e facili da indentificare grazie alla forma…letterale. Che vogliamo pensare sia augurale, in un connubio di buon cibo e buona sorte.
Francesca Tagliabue
febbraio 2025