Dal passato un modo di bere il caffè che vuol dire socialità e ristoro, una piccola aggiunta alcolica che esalta gli aromi e addolcisce il gusto del nostro espresso: come prepararlo e goderne al meglio
Si parla di caffè “corretto” per intendere un caffè il cui classico gusto è stato corretto, cioè modificato, con l’aggiunta di un liquore, all’inizio grappa. La tradizione originaria sembra infatti sia nata tra gli operai del Nord Italia, i quali – per difendersi dalle rigide temperature invernali e ritrovare un po’ di calore – durante le loro pause nei cantieri e nelle grandi fabbriche spesso prive di un riscaldamento effettivo, per scaldarsi erano soliti aggiungere un goccio di grappa al caffè. Pian piano, l’abitudine di correggere il caffè con un alcolico prese piede e si diffuse, e il caffè corretto è oggi una bevanda gradita e consumata in tutto il Paese. Bevuto dopo cena o comunque a stomaco pieno, con moderazione, il caffè corretto è una bevanda gradevole esfiziosa.
In realtà, anche all’estero troviamo bevande dove il semplice caffè viene addizionato da un alcolico, per ‘correggerne’ il gusto. Bevuto in Spagna e nei Paesi a lingua spagnola, il carajillo (foto sopra) è un caffè servito in bicchierini spessi di vetro cui viene aggiunta una spruzzata di liquore, solitamente brandy (Colombia e Venezuela), rum (Cuba), mezcal o un liquore al caffè (Messico). Talvolta viene usato un liquore all’anice. Una variante scalda nel liquore un paio di chicchi di caffè e poca scorzetta di limone, per poi versare il liquore filtrato nel caffè, all’ultimo momento. L’origine del carajillo è antica e… militare: si racconta che i conquistadores spagnoli, durante la conquista dell’Isola di Cuba, avessero mischiato rum (avevano finito il brandy che usavano in origine) e caffè per darsi coraggio (che in spagnolo si dice coraje, da cui derivano le parole corajillo e poi carajillo).
Immortalato da grandi romanzieri come Georges Simenon ed Erich Maria Remarque, merita una nomina nella storia dei caffè corretti il Cafè-Calva francese – diffuso in Normandia, dove dal 1880 si usa aggiungere al caffè una quantità di Calvados per arricchirne il sapore (e il calore). Il caffè-Calva divenne un’usanza popolare nei bistrot. La passione per il Calvados della Normandia veniva citata da Guy de Maupassant ne I racconti della beccaccia (1883), dove parla del Trou Normand (letteralmente il “buco normanno”), riferendosi a uno shot di Calvados bevuto a metà pasto, per creare un “buco” che preparasse lo stomaco alle portate successive. Da lì a berlo nel caffè a fine pasto è stato tutt’uno.
Il nordico Kask o Kaffekask (letteralmente ‘caffè forte, vigoroso’, foto sopra) è diffuso in Svezia, Danimarca, Norvegia, parte della Finlandia. La bevanda consiste in caffè bollente cui vengono aggiunti un cucchiaio di zucchero (facoltativo) e un forte alcolico come l'Akvavit, distillato di grano e patate aromatizzato con erbe e spezie. Talvolta si una anche konjak, bevanda alcolica simile al Cognac. Esiste un curioso metodo tradizionale per ottenere le giuste proporzioni: si mettono una moneta d’argento e una di rame nella tazza. Si versa il caffè finché non si vede più la moneta d'argento. Poi si aggiunge l’alcolico finché non si vede di nuovo la moneta di rame… sarà davvero molto, molto forte.
Uno dei modi più caratteristici e intriganti di bere il caffè in Portogallo è il café com cheirinho, che letteralmente in italiano significa “caffè con un profumo”. Si versa prima il caffè, seguito da uno spruzzo di acquavite o vino. A volte, l'alcol viene servito a parte, così lo si versa nel caffè a piacere.
Oltre alla grappa dei primi tempi, in Italia il caffè oggi viene corretto secondo il gusto personale, aggiungendovi altri liquori come sambuca o anice, tipica del Sud Italia, per avere un gusto più fresco; brandy o crema di whisky/liquore al caffè, per un sapore più dolce e complesso. Whisky per ricordarci l’Irish Coffee, che però aggiunge la panna alla bevanda corretta (trovate qui la sua storia e la ricetta originaria). I più tradizionali vorranno la grappa –particolarmente comune come correzione nelle regioni del Nord, dal Friuli-Venezia Giulia alla Valle d'Aosta – mentre chi vuole provare un sapore particolare, può correggere con il rum. Da ricordare il resentin veneto, diffuso anche in Trentino: la piccola quantità di caffè che rimane sul fondo della tazzina dopo aver bevuto l’espresso viene resentà, cioè pulita, versandovi un poco del distillato prescelto.
Da evitare invece i liquori agli agrumi, perché renderebbero il caffè troppo acido. Vodka e gin renderebbero la bevanda eccessivamente amara per i palati italiani.
La ‘base’ è di primaria importanza: va quindi utilizzata una miscela di caffè di alta qualità; ricordate di non aggiungere zucchero. Per una correzione a regola d'arte è meglio utilizzare un liquore a temperatura ambiente: l'alcolico si amalgamerà al meglio con il caffè, senza abbassarne troppo la temperatura. La dose di liquore giusta – diciamo corretta – per una tazzina di espresso è 5 ml, meno di un quinto del caffè, così da non coprirne il gusto e non raffrddarlo troppo.
Francesca Tagliabue
giugno 2025