Storia di un liquore che nasce per tradizione nella notte del 24 giugno. Momento di magiche rugiade e riti propiziatori intorno a un albero... il noce.
Ogni tanto un po’ di magia ci vuole. E la notte di San Giovanni, il 24 giugno, è perfetta per ricreare quest’aura particolare. Il mondo contadino festeggiava nei tempi antichi l’arrivo del solstizio d’estate con riti propiziatori come illuminare le campagne con la luce dei fuochi per scacciare i demoni (non vi dice niente La luna e i falò di Cesare Pavese?), fare un’infusione con il prezzemolo bollito per preservarsi dal malocchio, stendere sui prati coperte e abiti per allontanare le disgrazie da chi li indossava. Non solo, per gli erboristi il periodo tra il 21 e il 24 giugno era il migliore per raccogliere le erbe officinali, meglio ancora se bagnate dalla “guazza di San Giovanni”, una rugiada a cui le credenze popolari attribuivano effetti salutari, vedendo in essa un’acqua simile a quella usata dal Santo per battezzare. La stessa “guazza” che il 24 giugno ricopriva i malli verdi delle noci, pronti per essere colti ancora immaturi per poi trasformarsi in uno dei più antichi liquori digestivi casalinghi: il nocino o nocillo o nucillo come dicono al Sud.
Credenze magiche
La raccolta doveva essere fatta solo da donne a piedi scalzi e i malli tagliati in quattro con un coltello di legno e non da una lama di ferro. Credenze di una notte magica, persa tra culti pagani e altri cristiani e un albero, quello del noce, che sin dal mondo classico, la leggenda vuole legato a doppio filo con le divinità femminili e gli inferi, sino a diventare l’albero attorno al quale sembra si riunissero le streghe. Oggi tutto questo fa sorridere, ma la raccolta dei malli per il nocino segue ancora regole precise. Prima di tutto bisogna rispettare il “tempo balsamico”, ossia il momento giusto (dura pochi giorni dal 21 al 24 giugno) in cui raccogliere le noci immature perché se troppo acerbe danno un liquore verde e se troppo mature un prodotto legnoso e amarognolo. Gli esperti dicono di perforarle con uno spillo, se si può fare vuol dire che il guscio non si è ancora formato e le noci sono pronte all’uso.
Una ricetta antica
La ricetta orale è antica, circolava nel modenese già nel ‘500, ma la prima scritta è di un rattafià di noci pubblicato nel 1766 nel libro Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi. È solo però nel 1867 che il liquore viene chiamato con il suo nome attuale. Il merito è del cuoco modenese Ferdinando Cavazzoni che in questo modo puntualizzava il forte legame tra il liquore e la provincia di Modena, dove tradizionalmente è sempre stato prodotto. Tanto è vero che, per tutelare e tramandare la produzione familiare, è nato nel 1978 l’Ordine del Nocino modenese e dal 2005 esiste anche Il Matraccio, ossia l’albo assaggiatori del Nocino Tipico di Modena. Purtroppo, il cambiamento climatico ha toccato anche gli alberi di noci costringendo ad anticipare talvolta la raccolta. Così, invece del 24 giugno, i malli potrebbero essere prelevati già alla metà del mese. A questo punto addio San Giovanni e alla notte magica, perché il 15 giugno è San Vito, che mi sembra specializzato in tutt’altro.
Laura Maragliano
su Sale&Pepe di giugno 2021
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