L’impresa, tutti ne siamo stati testimoni, spesso si rivela difficoltosa. Togliere capsula e gabbietta di solito non crea grandi problemi, sempre che sia presente la linguetta e l’anello metallico non si sia spezzato. Più complessa è l’estrazione del tappo. Prima di tutto bisogna sottolineare che non serve la forza usata da Maciste per spezzare le catene. L’errore più comune è quello di tenere ferma la bottiglia e ruotare il tappo. In questo modo si agisce con una leva sfavorevole. Tutto diventa più facile se si fa il contrario: tenere fermo il tappo e ruotare lentamente la bottiglia. Ecco che il tappo uscirà magicamente. Sempre che lo spumante in questione non sia una reliquia del 1974 scovata dal cognato in cantina e gli anni non abbiamo trasformato il morbido sughero in quercia stagionata. È inutile munirsi di pinze e altri attrezzi meccanici e trasformare la festa in famiglia in un brindisi dall’elettrauto, tanto il vino è andato a male. Il botto a questo punto dovrebbe essere discreto e il tappo fermato con la mano. Non solo è poco educato creare un’esplosione, ma la forza cinetica del proiettile potrebbe frantumare il lampadario di Murano della nonna o colpire lo zigomo della cugina con inevitabile corsa al pronto soccorso. Ora siete pronti per mescerlo, ma un dubbio vi assilla.
Coppe o flûte?
Per fortuna, ci viene in aiuto la scienza. Il fisico francese Gérard Liger-Belair, dell’università di Reims (la patria dello Champagne), ha dedicato dieci anni a questo difficile dilemma e finalmente ha pubblicato i suoi studi. Innanzitutto ci ha fatto sapere che la fermentazione del vino produce una notevole quantità di anidride carbonica, circa 10 g per litro. Una volta versato, il gas fuoriesce sotto forma di bollicine. Milioni di bollicine che, una volta arrivate in superficie, creano una miriade di micro-esplosioni. Se lo spumante viene versato nelle coppe la dispersione dell’anidride carbonica è più veloce e il vino perde più rapidamente il suo caratteristico brio. Le bollicine che solleticano palato devono resistere il più possibile. Per questo il professore francese consiglia flûte lunghe e strette, meglio se prima passate all’interno con un canovaccio. Sì, perché le fibre di cellulosa, che inevitabilmente rimangono, anche se invisibili, pare che trattengano le bollicine più a lungo.
Deciso il bicchiere, vediamo come versare
Tenete il calice leggermente inclinato e mescete con lentezza. L’anidride carbonica contenuta non esploderà tutta in una volta, creando l’effetto eruzione e quindi tovaglia bagnata e bicchiere semivuoto.
Come si serve
Ultimo aspetto da tenere presente è la temperatura del vino. Deve essere ben freddo, intorno ai 10-12° e, se non siete dei bevitori compulsivi, fate riposare la bottiglia in un secchiello con acqua e ghiaccio, in modo che la temperatura rimanga costante. Che le bollicine vi siano amiche.
Mauro Cominelli
aggiornato dicembre 2022
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