Crocchette di patate dal cuore filante e la panatura dorata, sono talmente amate che si gustano da sole o come parte del cuoppo napoletano, a casa come per strada. Irresistibili
Nascono come un tipico cibo da strada della tradizione napoletana, i “crocchè di patate”, e oggi sono diffusissimi – oltre nella città di Napoli e nella sua provincia – in ristoranti e pizzerie dell’intera regione, serviti da soli o nell’ambito della famosa frittura napoletana, il cuoppo.
Le crocchè nel cuoppo napoletano Come è successo con altre preparazioni (il gattò, il sartù, il ragù per citarne alcune famose), il crocchè – che deriva dal più raffinato croquette – è un termine importato dalla gastronomia francese che, sin dai tempi degli Angioini, dominava le tavole in Europa.
Le prime ricette di preparazioni simili pare risalgano al 1789, quando l’agronomo e nutrizionista alla corte del re Luigi XVI, Antoine-Augustin Parmentier – cui in seguito furono dedicate ricette di vellutate di porri e patate oggi definite Potage à la Parmentier – illustrò e valorizzò l’uso del tubero in numerose ricette nel suo “Traité sur la culture et les usages des pommes de terre, de la patate et des topinambours”.
V.Corrado, Trattato delle patate ad uso di cibo, 1798 Nello stesso periodo (tra il Settecento e l’Ottocento) in Italia, Vincenzo Corrado, gentiluomo alla corte di S.M. il Re delle Due Sicilie, grande gastronomo e uno dei cuochi più noti delle corti nobiliari di Napoli, celebrava anch’esso la patata, cui dedicò il volume Trattato delle patate ad uso di cibo (1798); qui troviamo le “trisavole” di questo cibo che dalla tavola di corte scese in strada. All'epoca, il nome era più signorile: patate in bignè di cui Corrado dà questa ricetta
“Bollite le patate in acqua e polite, si passano con poco parmegiano grattato, e poco grasso di midolla di manzo. Pesto tutto si condisca di sale, e di pepe, e con uno o due uova sbattute si unischi, e si leghi. Questo composto ridotto a bocconi, e questi passati al fior di farina, ed alle uova sbattute, si friggono”.
In un testo successivo dal titolo chilometrico, come usava allora – Pranzi giornalieri variati et Imbanditi in 672 Vivande secondo i prodotti delle stagioni (1809) – Corrado ne modifica il nome in suppresse di patate, ne arricchisce il gusto e dà indicazione della forma che devono avere.
Crocchè, cilindri gustosi I crocchè sono cilindri del diametro 3-4 cm, lunghi 1 -15 cm, ricoperti esternamente da una panatura dorata e croccante, con una pasta interna di colore giallo intenso a causa per la predominanza delle patate, consistenza morbida e compatta. Alla purea di patate a pasta gialla farinose, bollite, si aggiungono uova, prezzemolo, del formaggio grattugiato (solitamente pecorino o caciocavallo, l’importante che sia un formaggio di consistenza dura e sapore forte), sale e pepe nero in polvere grossolana.
Si impasta il tutto, e si formano i cilindri con le mani. Si aprono poi appena per infilare al centro del cilindro una striscia unica di 5-6 cm, di fiordilatte o provola dalla consistenza elastica (va tenuta prima in frigorifero ad asciugare un paio di giorni). Richiusi, i cilindri si passano nell’albume sbattuto, poi nella farina e infine nel pangrattato. Si fanno riposare un ora e poi si friggono nell’olio caldissimo, in una padella di ferro detta ‘sartana’.
Golosa la versione – più recente – farcita con provola e salame.
Il crocché viene citato in innumerevoli altri testi di cucina e anche in opere teatrali e canzoni della tradizione classica napoletana, talvolta con il sinonimo “panzarotto”, un termine dialettale tradizionalmente usato per descrivere bambini cicciotteli e paciocconi, pingui e di indole tranquilla.
Friggitoria settecentesca È probabile che all’inizio dell’Ottocento i crocchè abbiano lasciato le tavole nobiliari per arrivare nelle friggitorie dei vicoli napoletani, da sole o nel cuoppo, e dove i “panzerottari” ambulanti le proponevano ai passanti al grido “Fa marenna, fa marenna! Te ne magne ciento dint’ ‘a nu sciuscio ‘e viento” (ovvero “Fai merenda! Te ne mangi cento in un soffio di vento”). Che delizia addentare un crocchè bello caldo – come resistere a un secondo (o un terzo)?
Giulia Paganelli
ottobre 2025