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Caffè, quanto ne sappiamo?

Conoscerlo, saperlo preparare e degustare. Tutto ciò che occorre per servire un buon caffè e tutto ciò che c'è da sapere

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Siamo il Paese dell'Espresso e della moka, ma quanto sappiamo della materia prima di un buon caffè? Quando arrivano nelle nostre torrefazioni per essere tostati (processo in cui l'Italia è ai primi posti nel mondo per qualità e quantità) i chicchi hanno già fatto un lungo viaggio dai Paesi esotici in cui sono coltivati. Tra le circa 60 specie esistenti, vale sicuramente la pena soffermarsi sulle due più note: Arabica e Robusta. La prima, considerata più pregiata, è anche più costosa perché la sua coltivazione deve avvenire in zone montane e piovose e richiede cure particolari. La Robusta può essere invece impiantata ad altitudini più basse e ha una coltivazione meno complessa. Il caffè che deriva dall'Arabica ha in genere sapore leggero, tendente all'acido, ma molto aromatico. Quello della Robusta ha più corpo e gusto più amaro. Inoltre il contenuto di caffeina è assai diverso: quello dell'Arabica è pari all'1,1-1,7% del peso, mentre nella Robusta sale al 2-4%: in pratica il doppio. Ciò nonostante la Robusta è più utilizzata nella produzione dei decaffeinati.

L’importanza del blend
Non è detto che un caffè 100% Arabica sia il migliore possibile, anzi: molto dipende dalla qualità dei chicchi e dal tipo di tostatura. Inoltre la maggior parte dei caffè in commercio basa il suo successo su un blend composto da diversi tipi di Arabica e di Robusta con provenienze e tostature differenti che, proprio mescolandosi, riescono a esaltarsi gli uni con gli altri e conquistare il gusto dei consumatori, nonché a mantenere le caratteristiche del prodotto finale più costanti, fidelizzando il cliente. In questo l’Italia fa scuola ed è merito dei nostri complessi blend se i caffè italiani sono ricercati in tutto il mondo.

Tostato ad arte
Dopo la raccolta delle bacche, i chicchi vengono estratti e fatti essiccare. Si ottiene così il “caffè verde”, commercializzato in questa forma in quanto ideale per una lunga conservazione. Verrà poi tostato nei paesi importatori. Durante la torrefazione si producono sostanze essenziali per il gusto, l’aroma e il colore della bevanda (i chicchi diventano scuri perché gli zuccheri si caramellizzano). È un’operazione che si può fare con diverse combinazioni di tempo e temperatura, a seconda del caffè di partenza e del tipo di bevanda che si andrà poi a preparare. In generale l’Arabica richiede una tostatura leggera, che preservi il delicato aroma. La Robusta necessita di bassa dà un caffè chiaro, poco amaro e leggermente acido, adatto per il caffè “all’americana”. Quella a temperatura molto alta (più di 190°), porta alla creazione di una bevanda più scura e amara, ma meno acida, “all’italiana”.

Trattenere l’aroma
Secondo i produttori, come si può verificare dal termine minimo di conservazione indicato sulle etichette, il caffè dura anche più di un anno e mezzo. In effetti, vista la pochissima acqua presente, non è un alimento che rischia di deteriorarsi o diventare pericoloso per la salute, ma non per questo si mantiene sempre al top. Una volta aperta la confezione, l’aroma del caffè in polvere incomincia a perdersi e, man mano che passa il tempo, diventa sempre meno profumato. Ecco perché è meglio non fare scorte di caffè macinato. Se non siete dei consumatori veloci, potete prendere alcune precauzioni per allungare un po’ la vita del profumo del vostro caffè. Dopo l’apertura trasferite la polvere in un vaso richiudibile (meglio se provvisto di guarnizione di gomma e gancio), che non faccia penetrare la luce e abbastanza piccolo, in modo che la quantità d’aria sia minima. Il barattolo dovrà essere sistemato in un “luogo fresco e asciutto”, ma secondo gli esperti il frigo è da evitare perché sottopone il caffè a eccessivi sbalzi termici e al rischio di formazione della condensa, cioè umidità. Meglio una credenza con temperatura stabile tra i 15 e i 25 gradi che, al contrario del frigo, evita anche la vicinanza con altri cibi di cui il vostro caffè assorbirebbe l’odore.

Barattolo o sacchetto?
Sappiamo che il caffè macinato o, meglio, in polvere, è venduto solitamente in 2 tipi di confezioni: in barattolo metallico o in sacchetto sottovuoto. In genere la confezione in barattolo, più costosa, viene riservata alle miscele più pregiate e care perché garantisce una conservabilità migliore e anche una maggiore durata. Nel barattolo, la polvere di caffè può essere conservata dai produttori in 2 diversi modi: sotto vuoto o in atmosfera protettiva, cioè in una miscela di gas inerti (come l’azoto e l’anidride carbonica) che evitano l’ossidazione delle parti grasse e aromatiche del caffè. Nel sacchetto, il caffè è sottovuoto; in questo caso, il vuoto viene creato con la completa aspirazione dell’aria dal sacchetto che, aderendo al prodotto, forma la Caffè solubile caratteristica “mattonella” compatta. Al momento dell’acquisto, fate attenzione che le confezioni siano sigillate. In particolare, evitate i barattoli ammaccati o con parti arrugginite e i sacchetti flosci e morbidi, perché vuol dire che in qualche modo è entrata aria nelle confezioni e l’aroma potrebbe essersi in parte disperso.

Gli Italiani e il caffè: i dati della nuova ricerca Astra 2023
Gli usi e i costumi che ci legano a questa bevanda sono diversi: su 100 caffè, circa 40 vengono consumati a casa, seguiti dal bar (circa 14 su 100)Macchina a cialde, moka e macchina da espresso automatica restano le modalità preferite con cui gli italiani preparano il caffè (rispettivamente il 42,7%, il 28,8% e il 17,1%). Quello che è interessante è anche ciò che è emerso sul rapporto personale che abbiamo con questa bevanda, specialmente quando la consumiamo al bar. Per la maggior parte di noi il caffè è una ricarica di forza mentale ed energia fisica (42,2%), un rito personale (35,6%), e un catalizzatore di buonumore e socialità (33,7%) da condividere con gli altri.

Il caffè vince su tutto, lo dice Versuni
Anche sull’uso dello smartphone, il check dei social e lo sfoglio delle news al mattino. È quanto emerge da una ricerca che Versuni ha condotto sulle abitudini e tendenze di questo irrinunciabile rituale. Tra i dati più interessanti quello che quasi un quarto degli intervistati a livello mondo rinuncerebbe al consumo di alcolici piuttosto che al caffè della mattina. Per gli intervistati italiani in tutte le fasce d’età prese in considerazione il rito del caffè mattutino (61%) supera anche l’uso dello smartphone (57,8%), la colazione (58,6%), la doccia, lo skincare e la lettura delle notizie (tre azioni che si aggirano intorno al 30%). Ovviamente in questa casistica l’età fa la differenza. Se, infatti, per i giovani compresi tra 16 e 24 anni al 61% c’è il telefono e al 47% il caffè, le percentuali tendono a ribaltarsi via via che si sale con la fascia di appartenenza (59%-64% nei 25-34enni, 57,4%-65,7% nei 35-44enni, 53,7%-66,23% nei 45-54enni e 57%-66,5% nei +55).

a cura della redazione,
settembre 2023

TAG: #caffè

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