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Street food

Mangiare per strada, in mezzo alla gente, godendo dell'atmosfera cittadina. Uno stile alimentare povero, che ora ha conquistato anche i gourmet

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Pani ca meusa, sfincione, trippe, frittata di pasta, bombette di capocollo, farinata, lampredotto: il cibo di strada racconta le storie dell'Italia più vera, più popolare, più antica. Lo street food è addentare il territorio, mangiare in dialetto, come dice il celebre cuoco siciliano Ciccio Sultano. Tra baracchini, chioschi, apecar, camioncini, tavoli fuori dai portoni, griglie fumanti e pentole sfrigolanti si capisce questo Paese più che con i trattati di sociologia.

Ogni cibo, una storia
Il "quinto quarto" - cioè le frattaglie protagoniste di tanti campioni on the road, dal lampredotto fiorentino alla stigghiola siciliana, dalle spuntature marchigiane agli gnummareddi pugliesi racconta storie di povertà, di mezzadri che si arrangiavano con quanto rimaneva della bestia del padrone. La pizza napoletana, la focaccia ligure e quella barese, la piadina, la farinata, le panelle dimostrano come con poco si possano realizzare capolavori. I fritti e i frutti di mare, i celebri cuoppi, i vassoi di ricci appena pescati, dipingono l'Italia che si affaccia sul Mediterraneo, mentre i bacari veneziani o i buffet triestini rievocano gli scambi millenari tra mercanti, industriali, biscazzieri, viaggiatori d'ogni sorta. Assaggiare queste cose, significa immergersi nel paesaggio, entrare nel quadro: il cibo di strada è promiscuo, si mangia con la gente, chiacchierando, sedendo all'ombra di una frasca, in riva a un molo, su uno scalino scalcinato di un centro storico.

Prelibatezze gourmand
Lo street food non è solo memoria, non è confinato nel passato. C'è una new wave che sta facendo risorgere nelle città cibi antichi e dimenticati, ma anche traghettando nel Bel Paese delikatessen che arrivano dall'altra parte del mondo. A Milano, Roma, Torino lo street food è diventato gourmet. E allora ecco gli hamburger di fassone piemontese; oppure, a Roma, la strepitosa pizza di Gabriele Bonci e dei suoi emuli, il trapizzino di Stefano Callegari, i panini di Cristina Bowerman; i fritti di pesce di Pasquale Torrente da Cetara, sulla costiera Amalfitana; i panini di Alessandro Frassica nel centro di Firenze. Il cibo di strada in mano ai grandi cuochi esalta il più grande patrimonio italiano: quello delle materie prime. I salumi emiliani come quelli friulani, i formaggi sardi come quelli piemontesi, gli oli toscani come quelli pugliesi: tutte queste meraviglie in mezzo a un panino sono finalmente la risposta tricolore, di qualità al fast food globalizzato.

Dalla strada alla cucina
Preparare in casa un cibo nato per la strada potrebbe sembrare una contraddizione, ma non lo è. Se questi cibi sono sopravvissuti nei secoli è perché propongono sapori facili, ingredienti economici e lavorazioni semplici. Tutte caratteristiche che oggi li rendono i piatti giusti per avere ospiti a cena. Perché l'indole dello street food è proprio così: gustosa, allegra, socievole.

Luca Iaccarino,
settembre 2023

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