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ConsigliLe castagne, il dono autunnale dei boschi

Le castagne, il dono autunnale dei boschi

Gloriose da adesso a dicembre, escono dai ricci spinosi per entrare in piatti superlativi tra il dolce e il salato che danno nuova, smagliante attualità a un cibo antico

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Gnocchi, zuppe e minestre, ma anche dolci come frittelle e castagnaccio: le castagne si ritrovano nei piatti tradizionali di tutte le nostre cucine regionali. Questo dono del bosco autunnale, infatti, ha rappresentato a lungo e fino agli anni Cinquanta il cibo di sopravvivenza per le genti di montagna, che ne facevano addirittura un pane, scuro e compatto, mescolandone la farina con quella di frumento e di segale.

Un po' di storia
Ma la storia delle castagne sta in bilico tra cibo rustico e gastronomia raffinata, per la loro straordinaria versatilità: interi, i frutti più grossi e polposi vengono glassati per diventare golosi marrons glacés oppure farciscono arrosti di carni rosse e bianche; lessati e ridotti a purè, diventano la base per torte salate o per dolci delizie come il classico Monte Bianco.

192155Un primato con radici antiche
Il castagno vive nei nostri boschi da tempo immemorabile. Dalle Prealpi venete, giù lungo tutto l'Appennino fino alle pendici della Sila, in Calabria, l'albero del pane, come è stato definito da Pascoli, ha trovato un habitat ideale e prospera quasi ovunque. Soprattutto in Campania, seguita da Calabria, Lazio, Piemonte e Toscana. Nonostante la drastica diminuzione delle coltivazioni rispetto all'inizio del secolo, a tutt'oggi l'Italia è il primo produttore di castagne in Europa e il terzo nel mondo. Il primato non riguarda solo la quantità: nel nostro paese sopravvivono centinaia di varietà di castagne, delle quali ben 12 sono eccellenze riconosciute a livello europeo. Hanno ricevuto il marchio Dop la Castagna di Vallerano (coltivata nel Viterbese, in Lazio), con polpa bianca e croccante; il Marrone di Caprese Michelangelo, toscano, con polpa color avorio e aroma di mandorla e vaniglia; il Marrone di San Zeno, raccolto in Veneto, che per via della sua pastosità e del gusto dolce è utilizzato per la" marronata", confettura con zucchero o miele.

Il Veneto conta anche due frutti Igp (il Marrone di Combai, con pasta farinosa e zuccherina, e il Marrone di Monfenera), a parimerito con il Piemonte (che vanta la Castagna di Cuneo e il Marrone della Val di Susa, ideale per fare i marrons glacés) e con la Toscana. Regione che, oltre alla grossa Castagna del Monte Amiata e al croccante Marrone del Mugello, sfoggia anche due farine di castagne Dop, vellutate e profumate, prodotte in Lunigiana ein Garfagnana.

La Campania, che pure è stata premiata con due Igp (la Castagna di Montella, rotonda e con la buccia sottile, e il Marrone di Roccadaspide, dolce e croccante) è tra i territori a più alta vocazione castanicola: da sola, infatti, rappresenta il 50 per cento dell'intera produzione nazionale di castagne.

Marroni a pezzatura extralarge
Comunemente, vengono chiamate 'marroni' le castagne di grosse dimensioni. In molti casi è vero: per il Marrone di Combai Igp, il disciplinare di produzione stabilisce che i frutti per ogni riccio non devono essere superiori a tre. Tuttavia, le dimensioni sono una caratteristica variabile, anche nell'ambito della stessa varietà. Ad esempio, la Castagna del Monte Amiata è di grossa pezzatura (per un kg bastano 80 frutti), mentre per il Marrone di San Zeno Dop il disciplinare spazia dai 50 ai 120 frutti per kg.

Allora, quali sono i criteri per distinguere i marroni dalle castagne?
In linea di massima, ma con svariate eccezioni, i primi hanno forma ovale, buccia striata e sottile, con la pellicola che si stacca molto facilmente. Caratteristiche che li rendono ideali nelle preparazioni arrosto e in tutte le ricette che richiedono frutti interi polposi e perfetti. Sono richiesti anche per la lavorazione industriale, che li utilizza per farne marrons glacés, canditi e conserve al rum o sotto grappa. Le castagne, invece, generalmente hanno forma tondeggiante, buccia spessa e la pellicola interna che penetra nel seme, fatto che rende l'operazione di pelatura più laboriosa. Una volta sbucciate e lessate (in acqua o latte, a seconda della ricetta), si utilizzano per minestre, vellutate, ripieni, confetture. Oltre che al consumo fresco, sono destinate alla produzione di castagne secche e di farina di castagne.

ottobre 2021
Enza Dalessandri

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