Un alberello selvatico diffuso lungo i litorali, o un arbusto sempreverde basso e cespuglioso che cresce nelle zone montane, anche ad alta quota: il ginepro (Juniperus communis, famiglia delle Cupressacee) ha foglie aghiformi, fiori verdastri e bacche sferiche dalla superficie cerosa che vengono raccolte una volta raggiunta la maturazione, cioè quando si presentano di colore blu scuro-nero perché coperte di pruina. In Italia crescono spontanee, così come in tutta l’area mediterranea.
In una storia millenaria, sono state utilizzate da diverse civiltà antiche. Babilonesi, Egizi, Tibetani e Indiani del Nord America attribuivano grande importanza a queste bacche nei loro rituali sacri, nelle pratiche medicinali – anticamente il ginepro era usato come digestivo, tonico, disinfettante – e anche in cucina, naturalmente. Gli antichi Romani, in particolare, usavano spesso le bacche di ginepro come sostituto del più costoso – ed esotico – pepe nero, il Piper nigrum: le bacche di ginepro, altrettanto rotonde e leggermente piccanti, rappresentavano un'alternativa economica e versatile. Offrendo bacche di ginepro a Hermes, i Greci dell’antichità speravano di ottenere il suo favore e protezione durante viaggi, trattative commerciali e imprese audaci. Leonardo da Vinci riprodusse un albero di ginepro sullo sfondo del ritratto di Ginevra de' Benci, si pensa per un gioco di parole con il nome.
Immediato il loro profumo: caldo e terroso. con sentori di pino, liquirizia e conifere. Il profumo che ti accoglie in una malga, familiare, intenso., balsamico.
L’aroma delle bacche di ginepro è caratteristico e complesso, al tempo stesso legnoso, speziato e leggermente pepato, che deriva dagli oli essenziali che vengono rilasciati quando vengono schiacciate o scaldate. Da sempre aggiungono fragranza alla cucina nordica – dove sono molto presenti – e non solo. Generalmente, le bacche di ginepro vengono utilizzate in cucina previa essiccazione.
Il loro caratteristico sapore di pino, un po’ resinoso con sfumature agrumate, esalta la selvaggina come cervo o cinghiale, e carni come l’agnello, e bilancia la corposità delle carni grasse, rendendole ideali per marinate, carni in umido e stufati. Le bacche di ginepro si sposano bene con anatra, lepre, fagiano, faraona, tacchinella, ma anche maiale e manzo, soprattutto se abbinate a frutta come castagne, mele, pere o prugne essiccate, per una dolcezza equilibrata e terrosa.
Negli stracotti, nei brasati, nei salmì, il ginepro è ideale, con aromi, vino corposo e lunghe cotture; profuma i ragù di carne e i fumetti di pesce. Da provare con il pollo brasato alla birra e con i crauti. Il profilo agrumato del ginepro si sposa bene con cumino e pepe, e affianca erbe aromatiche come rosmarino, alloro, timo o limone.
Le bacche di ginepro svolgono un ruolo chiave in piatti come la choucroute garnie alsaziana (un piatto a base di carne di maiale e crauti), il gulasch e altri piatti tradizionali con selvaggina.
Accendono una nota particolare nelle vellutate di zucca, con il riso e nei risotti elaborati come quelli con i funghi, nei dessert alla frutta e nel cioccolato, nel vin brûlé, nelle tisane e nel caffè alla Valdostana (grolla dell’amicizia)
Nel caso di arrosti o brasati, solo al momento dell’utilizzo, schiacciate o pestate le bacche per sprigionarne aroma e sapore prima di aggiungerle.
Lessate del riso unendo all’acqua di cottura bacche di ginepro e 2 foglie di alloro: perfetto per accompagnare spezzatini e stufati.
Se marinate il pollo o se lo cucinate con la panna, unitevi qualche bacca schiacciata.
Va ricordato che queste bacche dall’intenso aroma vanno tuttavia rimosse prima di consumare la pietanza.
La popolarità del ginepro la si deve, storicamente, a un medico dei Paesi Bassi che, verso la metà del Seicento, mise bacche di jenever (ginepro in olandese) e altre botaniche a fermentare in alcol per aromatizzare il distillato di un cereale, con l’intento di creare una bevanda medicinale: quello che nacque fu il Gin, bevanda alcolica trasparente che è entrata alla grande nel mondo dei cocktail. Il ginepro rimane l’aroma principale del Gin, conferendogli il suo gusto distintivo: è possibile esaltare i cocktail a base di Gin aggiungendo bacche di ginepro fresche o essiccate – provate a schiacciarne o pestarne alcune in un Gin Tonic, un Negroni, un Martini o un White Lady. Per un tocco di originalità, aggiungete il ginepro a sciroppi semplici con cui aromatizzare vodka, lo stesso Gin o anche cocktail a base di whisky.
Della tradizione altoatesina fa parte il Kranebitter – parola altoatesina che significa “bacche di ginepro” – un distillato di ginepro dai piacevoli sentori speziati e balsamici che ricordano il profumo del sottobosco: le sue note resinose avvolgono il palato lasciando una piacevole persistenza amara nel retrogusto. Si gusta liscio o con un’acqua tonica, nella stessa proporzione di un Gin Tonic.
Francesca Tagliabue
agosto 2025