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News ed EventiNewsSempre più riso nel piatto degli italiani

Sempre più riso nel piatto degli italiani

Versatile e sfizioso, il riso è sempre più protagonista sulle nostre tavole. L’Italia ha una produzione varia e di qualità, prima per volumi in Europa. Ecco qualche numero e alcune curiosità

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Classico e moderno al tempo stesso, capace di soddisfare i palati più golosi e i fanatici del salutismo, adatto a preparazioni elaborate o per ricette veloci, lo si trova in piatti dolci e salati, caldi e freddi, è disponibile in svariate decine di varietà, gusti e colori. In più è leggero e senza glutine. Sarà per tutti questi motivi che il riso è sempre più amato dagli italiani: negli ultimi due anni le vendite sono cresciute del 10%, inoltre, l’Italia è il maggiore produttore europeo e il raccolto di questa stagione è stato molto buono grazie al clima favorevole.

Meno spaghetti, più chicchi
Già da qualche anno i consumatori italiani stanno premiando il riso a scapito della pasta. Negli ultimi dodici mesi l’incremento degli acquisti è stato del 5,6%. Piacciono soprattutto le varietà speciali (esotico e integrale) con una crescita vicina al 20%, ma anche il Carnaroli (+4,1%) e il Ribe (+5,6%). In calo Arborio e Parboiled. A stimolare la “fame” di riso degli italiani ha contribuito in gran parte l’industria, proponendo una gamma sempre più ampia di prodotti: da quelli facili da preparare a quelli, pronti, dai gourmet agli aromatici, passando dagli etnici a quelli in box.

Primi per produzione
Con quasi 230mila ettari seminati nella pianura padana e in Sardegna e un milione e mezzo di tonnellate di riso grezzo o “risone” raccolto (che si riducono a 900mila di prodotto finito), l’Italia produce da sola oltre la metà di tutto il riso del Vecchio continente. Le aziende della filiera sono più di quattromila e danno lavoro a diecimila persone. Le varietà coltivate tra Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sono circa 140 sulle cinquemila conosciute nel mondo. Nei pressi di Pavia è stata creata una sorta di “banca del chicco” dove sono conservate circa 1.500 specie di riso: quelle coltivate in Italia dal 1857 a oggi, più alcune provenienti dall’estero. A livello mondiale i maggiori produttori sono Cina e India, con il 60% del totale.

Le principali varietà
Tra le principali varietà di riso coltivate in Italia c’è il Carnaroli: nato nel 1945 dall’incrocio tra due varietà molto coltivate all’epoca, il Vialone e il Lencino. Rilascia poco amido come tutti i risi della categoria “Superfino” ed è adatto per risotti delicati. Il Vialone Nano è stato creato nella stazione sperimentale di risicoltura di Vercelli nel 1937, come incrocio tra il Vialone e il Nano. Ha un buon rilascio di amido ed è indicato per risi in bianco e timballi. Il Selenio, al contrario, rilascia molto amido ed è ideale per minestre e dolci. Il Baldo è il più giovane, risale al 1964, incrocio delle varietà Stirpe 136 e Arborio. Il riso parboiled, invece, non è una varietà, ma un trattamento di parziale bollitura a cui vengono sottoposti i chicchi per far sì che i principali nutrienti rimangano all’interno del chicco durante il processo di raffinazione e che resti al dente se sottoposto a lunghe cotture.
Sempre più apprezzato in Italia, il riso integrale è un riso ai cui chicchi è stato tolto solo lo strato fibroso più esterno, il che lo rende più ricco di fibre e proteine, ma anche di una leggera quantità di grassi, che ne riduce la conservabilità. Ha tempi di cottura superiori a quello bianco e tende a rilasciare meno amido, per cui è meno adatto ai risotti.

Sfida all’Oriente
Per soddisfare la crescente richiesta di riso adatto alla preparazione di piatti orientali e contenere le importazioni, gli agricoltori italiani si sono organizzati e con l’aiuto della ricerca genetica applicata ai vegetali hanno iniziato a coltivare nuove varietà di riso. Nel 2009 è nato il Cerere: bianco con chicchi piccoli tondi e cristallini. Il basso contenuto di amilosio fa sì che i chicchi restino compatti e aderiscano tra loro durante la cottura, rendendolo idele per il sushi.
Di quest’anno, invece, il primo raccolto del basmati italiano, un tipico riso profumato con chicco allungato chiamato “Aroma” perché il termine basmati è tutelato come le nostre Dop e Igp. Chi lo coltiva assicura che sia migliore di quello originale proveniente dall’Oriente. Per metterlo a punto ci sono voluti dieci anni di lavoro tra incroci e prove. Non resta che dare l’ultima parola al palato.

Manuela Soressi
ottobre 2016

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