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News ed EventiNewsIl menu? Questione di scienza, design e... psicologia

Il menu? Questione di scienza, design e... psicologia

Per influenzare la scelta al ristorante, nulla viene lasciato al caso sul menu: ecco le tecniche più usate, dal numero delle portate alle foto, passando per la posizione dei piatti e il prezzo

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Chi gestisce un ristorante lo sa bene: il cliente si conquista già dall'insegna e dal menu, prima ancora che dalla presentazione del piatto servito al tavolo. E l'uomo comune, nella scelta di cosa mangiare, ripete comportamenti studiati dalla scienza e trasformati in regole fondamentali per il buon ristoratore.
Tra marketing, design, psicologia, è nato da molti anni (il termine fu coniato nel 1982 da due professori universitari del Michigan) il menu engineering, materia universitaria, oggetto di manuali e specializzazione di consulenti che aiutano i locali a curare con successo la propria immagine e la propria offerta.

Ma di cosa si tratta e quali sono i principali elementi che non vanno presi sottogamba nel disegnare un menu?

Semplificare la scelta
Gli studi insegnano che ogni giorno compiamo fino a 200 scelte diverse in tema di cibo: dal quanto sale mettere sull'insalata, al tipo di latte da acquistare al supermercato. E inconsciamente, queste scelte continue sono portatrici di ansia. Non è molto diverso davanti al menu al ristorante, dove è meglio cercare di facilitare il cliente, offrendo un numero ridotto di portate. Il menu perfetto è quello in cui non si abbonda nel numero di piatti e quei pochi sono suddivisi chiaramente in categorie, dagli antipasti ai dessert, passando per focacce e insalate. Ricordando sempre, come raccontano le teorie di psicologia cognitiva, che l'essere umano davanti a una lista è in grado di ricordare circa 7 elementi per categoria. Perché dunque confonderlo e obbligarlo a rileggere la lista all'arrivo del cameriere? Gli esperti sostengono inoltre che la sensazione di confusione dei menu troppo elaborati e lunghi porti il cliente a scegliere qualcosa che già conosce (piuttosto che abbandonarsi a una nuova esperienza), e inoltre è una delle cause del mancato ritorno nello stesso locale.

La posizione e il prezzo
Il piatto migliore del locale, dovrà stare sempre in cima alla lista, preferibilmente nella facciata a destra: è questa infatti la posizione dove l'occhio cade per primo, incuriosito, ed è questa la portata maggiormente richiesta di tutto il menu. Ma anche il modo in cui il prezzo viene esposto influenza la scelta del piatto: uno studio ha scoperto che se i prezzi sono scritti in lettere il cliente tende a spendere di più rispetto a chi vede il numero in cifre. Anche il segno della valuta, ovvero il simbolo di euro, dollaro o sterlina, non piace al cliente, dunque meglio evitarlo. La classe del locale poi si vede anche dal tipo di prezzo scelto: chi offre un piatto di pasta a 9,90 euro apparirà più casereccio e popolare rispetto a chi scrive, semplicemente, 10.
Posizione e prezzo insieme, fanno la scelta definitiva: la portata molto cara posizionata subito sotto il piatto più consigliato, che ha un prezzo sì alto ma inferiore, porterà immediatamente il cliente a compiere la scelta giusta, senza che questo si accorga di essere indirizzato dal menu engineering.

Immagini e colori
Contrariamente a quanto pensano (e amano) molti ristoratori di livello, le immagini dei piatti sono importanti nel menu: se i piatti sono accompagnati da una bella foto, vengono scelti nel 30 per cento in più dei casi. Anche la scienza dei colori può essere applicata alla lista delle portate, e tra quelli più amati dei ristoratori vi sono il rosso (che stimola l'appetito) e il giallo (che invita alla concentrazione sul contenuto) combinati insieme. Il blu invece aiuta a calmare, meglio usarlo... al momento del conto.

Ogni menu è un racconto
Non serve essere scrittori, ma avere una buona creatività e amare le descrizioni nel predisporre il menu di certo aiuta: secondo uno studio della Cornell University l'aggiunta di una descrizione che funziona stimola la scelta e la voglia di spendere al ristorante. L'arte descrittiva può essere esercitata sia nel nome del piatto, dove aggettivi densi di fascino gourmand e richiami ai piatti della tradizione diventano subito accattivanti per il cliente (un esempio: da "torta di mele" a "la dolce torta di mele della nonna Piera"), sia nelle righe che seguono. Perché una descrizione degli ingredienti e della preparazione sono sempre graditi dalla clientela, a maggior ragione se si tratta di piatti speciali in cui spicca la personalità dello chef. In questo caso particolare, è apprezzato che siano gli chef stessi a impegnarsi nel raccontare, in poche righe, le loro creazioni.

Eva Perasso
26 gennaio 2016


Credits foto: Flickr / Larry Halff

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