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News ed EventiNewsIntolleranze alimentari: si curano mangiando

Intolleranze alimentari: si curano mangiando

Attilio Speciani, allergologo ed esperto di nutrizione, spiega che per star bene è utile introdurre giornate "depurative", mangiare cruditè e, quando necessario, fare test infiammatori per sorprire a quali alimenti si è sensibili

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Medico, specialista in allergologia e immunologia clinica, Attilio Speciani, è da sempre sensibile alle pratiche naturali. Nei suoi studi di Milano e Londra si occupa di nutrizione e della cura di disturbi e patologie correlate al cibo, stimolando al recupero della tolleranza. Con lui abbiamo parlato dei disturbi legati al cibo. 

Tanto per cominciare, cos’è un’allergia
Allergia è una manifestazione legata ad alcuni particolari anticorpi che, quando incontrano un alimento, un cibo o una sostanza, determinano una scarica di istamina e di altre sostanze infiammanti con una conseguente reazione esasperata da parte dell’organismo. I sintomi possono essere molto diversi e passano dal raffreddore al prurito, fino allo shock anafilattico. Questa condizione interessa il 2,8% della popolazione a va diagnosticata con particolari test allergologici: è un tema di competenza strettamente medica.

Invece, le intolleranze?
Mi passi la battuta: se una sera ti trovi a Trastevere a Roma o a Brera a Milano incontri sicuramente qualcuno che ti faccia una diagnosi di intolleranza con il pendolino. Con questo voglio dire che il tema delle intolleranze, cioè di una reattività infammatoria dell’organismo a quello che mangiamo, negli ultimi anni è stato banalizzato cadendo spesso nella ascientificità. Questo non toglie che ci sia un’esigenza diffusa di individuare le correlazioni tra certi tipi di alimenti e alcune reazioni, non gravi come quelli dell’allergia, ma comunque fastidiose.

In che modo si può riportare questo tema sul terreno di uno studio rigoroso?
Nel 2010 uno studio ha osservato che mangiando certi cibi si sviluppano sostanze infiammatorie perfettamente misurabili, collegate a uno stato di malessere. Riscontrarle non significa avere una cattiva tolleranza nei confronti di un alimento; significa avere una forma di infiammazione dovuta al cibo, e a quel punto, grazie alla misurazione anche delle IgG (immunoglobuline G verso il cibo) si può evidenziare il sovraccarico o l'eccessiva introduzione di determinate sostanze. L’indicazione in questo caso è quella di ridurre l’alimento o gli alimenti incriminati senza mai considerare un cibo come un nemico, ma alternandolo ad altri.

Quindi le intolleranze non esistono?
L'unica vera intolleranza è quella al lattosio. Si tratta di un fenomeno di tipo biochimico. Ad alcuni individui mancano gli enzimi per digerire  il lattosio contenuto nel latte e questo provoca i noti disturbi intestinali. Chi non tollera il latte può mangiare uno yogurt ben fatto o un parmigiano stagionato, dove il lattosio è ben scisso e quindi digeribile. Diversa cosa è la molto più comune reazione infiammatoria alle proteine del latte (per saperne di più clicca qui), documentabile con i test infiammatori.

E la celiachia?
La celiachia è una patologia molto specifica con una componente genetica: una reazione al glutine che coinvolge 0,8-1 % della popolazione; non tutti sanno di essere celiaci, anche perché non sempre la malattia si manifesta allo stesso modo.

Ora si parla anche di gluten sensitivity: che cosa significa?
Fino al 2010 si riconoscevano soolamente  celiachia e allergia al glutine. Quindi due lavori coevi hanno riconosciuto che gran parte delle sindromi irritabili  del colon sono legate a una sensibilità al glutine non di tipo celiaco. Questo fenomeno coinvolgerebbe da 5 al 30 % delle persone per il resto sane, a seconda degli studi. Chi è celiaco deve escludere completamente il glutine; chi soffre di gluten sensitivity può ridurre i cibi contenenti glutine per un periodo per poi reintrodurli man mano, rieducando la sua personale tolleranza.

109561Cosa deve fare chi ha disturbi?
Io suggerisco tre semplici regole:
1 Varietà alimentare. Significa rendere più attuale la tradizione di un giorno "di magro", quello in cui si evitano i cibi abitudinari, che qui in Italia sono latte, frumento e lievito; in Cina riso, soia e mais.
2 Mangiare crudo vivo e colorato. Un pezzo di verdura o frutta cruda prima di colazione, pranzo e cena, migliora l'apporto di vitamine e quindi contribuisce positivamente al quadro generale, ma ha anche un’altra virtù: stimola una risposta tollerogena dell'organismo, grazie ad alcune sostanze di cui gli ortaggi crudi sono ricchi, dette panallergeni.
3 Masticazione e corretta digestione. Masticare a lungo il cibo, gustandole bene e valutando tutti gli aspetti organolettici e culturali, aiuta a creare tolleranza nei confronti degli alimenti.

Quando bisogna fare i test di infiammazione?
In presenza di disturbi come la sindrome del colon irritabile, di mal di pancia o di diarrea, e di malattie come diabete, obesità e, vale la pena di sottolinearlo, anche artrite, spesso dovuta a un'infiammazione generale dell'organismo. Lo stesso vale per gambe gonfie e piedi "a salsiccia" e per mal di testa o emicranie di cui non sono documentate cause evidenti. In questi casi vale la pena di sottoporsi a un testi di infiammazione come ad esempio il Recaller. 

Quindi niente allarmismi
Il cibo non è un nemico. Bisogna imparare a conoscere le nostre reazioni personali agli alimenti e costruire un profilo nutrizionale individuale (cilcca qui). Da interpretare sempre con moderazione e buon senso.

Livia Fagetti
6 novembre 2015

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